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La Russia di Putin - Anna Politkovskaja

“Siamo solo un mezzo, per lui. Un mezzo per raggiungere il potere personale. Per questo dispone di noi come vuole. Può giocare con noi, se ne ha voglia. Può distruggerci, se lo desidera. Noi non siamo niente. Lui, finito dov’è per puro caso, è il dio e il re che dobbiamo temere e venerare. La Russia ha già avuto governanti di questa risma. Ed è finita in tragedia. In un bagno di sangue. In guerre civili. Io non voglio che accada di nuovo.”

Anna Politkovskaja scrive questo reportage narrativo per raccontare testimonianze delle svariate vittime di Putin e del suo sistema politico. La prima categoria di vittime trattata dal libro è quella delle madri dei soldati periti in guerra. A loro viene precluso il diritto di sapere ciò che accade nelle atroci battaglie e, a volte ben più atroci, caserme di ufficiali. Vengono ignorate quando chiedono la causa del decesso del figlio, la data esatta di morte da porter segnare sulla tomba del loro caro e, talvolta, perfino il diritto di avere il corpo stesso da poter seppellire in pace. Il libro descrive poi la gerarchia spietata all’interno dell’esercito russo, dove i soldati semplici sono vittime di violenze e soprusi di sottoufficiali e ufficiali, e di come niente e nessuno possa proteggerli. Anna Politkovskaja tratta poi casi di crimini di guerra accaduti durante la seconda guerra cecena. Le vittime sono gli innumerevoli cittadini ceceni la cui vita viene per sempre sconvolta dalle violenze, stupri e omicidi di ufficiali ubriachi e frustrati che abusano del loro potere. Questi ufficiali vengono poi protetti categoricamente dai tribunali e giudici corrotti, che ignorano prove e emettono sentenze psichiatriche secondo i bisogni del caso per far tacere per sempre l’accusatore. La quarta e ultima categoria di vittime descritta è quella dei cittadini russi stessi, di coloro che vivono vite semplici e povere. Questi subiscono soprusi da parte di chi ha il potere, o i soldi, per cambiare la realtà dei fatti secondo le esigenze del momento. Il massacro del teatro di Dubrovka nel 2002 e quello della scuola Numero 1 di Beslan nel 2004 sono solo l’esempio più lampante di violenze imposte e completamente ignorate da Putin quando chiamato in causa. Le famiglie delle vittime sono rimaste da sole, senza nessun supporto morale ed economico, senza spiegazioni sull’avvenuto e talvolta, senza nemmeno vedere il proprio caro propriamente registrato come vittima.

Questo libro, scritto dalla giornalista Anna Politkovskaja nel 2004, tratta problematiche estremamente attuali divise su due dimensioni: i crimini di guerra internazionali e i crimini civili nazionali. Descrive infatti atrocità commesse durante la seconda guerra cecena in Cecenia e in Russia che potrebbero essere confusi per articoli di giornale freschi di stampa. Oggi, sei mesi dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, questo libro pubblicato da Adelphi ha avuto lo stesso effetto di uno schiaffo: mi ha ricordata di come la storia, quando lasciata ininterrotta, si ripeta. Leggere la realtà dei fatti descritta in maniera nuda e cruda mi ha impressionata. Immedesimarsi in un cittadino abbandonato dalle istituzioni e lasciato in balia di corruzioni, incapace di evocare i suoi diritti fondamentali, fa rabbia. Anna Politkovskaja racconta importanti testimonianze e dati storici che non vanno dimenticati. Le sue critiche contro l’esercito e il servizio di sicurezza federale russo (FSB) sono palesi. Famosa per essere stata particolarmente attiva sul fronte dei diritti umani, è stata assassinata a Mosca mentre rincasava nel 2006. I mandanti dell’omicidio non sono ancora stati identificati.