“Io sono un uomo malato.. astioso. Sono un uomo malvagio. Credo di essere malato di fegato. Del resto non ne so un accidente delle mia malattia e non so neppure esattamente cosa mi faccia male”.
Il protagonista innominato inizia il racconto con questa frase e subito lascia trapelare il senso misto di negatività, contraddizione e inettitudine che caratterizza la sua esistenza. In memorie dal sottosuolo, Dostoevskij esplora i cavilli intimi della mente del protagonista, tormentata da una Russia ottimista e in contrasto con gli ideali del positivismo di quel tempo. Nella prima parte del libro, in un monologo molto decadente che in alcuni tratti ha un carattere lievemente ironico, l’uomo del sottosuolo si autoflagella considerandosi un essere intelligente grazie alla sua introspezione, ma tormentato per la sua tendenza alla procrastinazione e inettitudine. Si espone come nudo davanti al lettore, sincero dei suoi difetti più sporchi e, talvolta, quasi orgoglioso di essi. Nella seconda parte del libro, filosofeggiando dalle tenebre del sottosuolo in cui ha vissuto per quasi un ventennio, il protagonista decide di uscire, figurativamente, e di raccontare le sue memorie di vita di vent’anni prima, quando lavorava come impiegato in un ufficio della burocrazia a San Pietroburgo. Racconta vicende in cui si è offeso e, per infantile vendetta, si è ridicolizzato. I suoi numerosi tentativi di integrarsi nella società hanno sempre fallito miseramente e lui narra senza filtri le sue rivendicazioni meschine e crudeli nei confronti di persone ancora piè disagiate e isolate dalla società di lui.
Dostoevskij scrisse questo libro nel 1864 e presto divenne famosissimo per l’introspezione personale e l’introduzione della figura dell’antieroe. L’uomo del sottosuolo mi è risultato odioso: suscita un misto tra compassione e nervosismo per la sua attitudine alla vita e il tono rassegnato del suo monologo, che a tratti sembra una confessione. È una lettura diversa rispetto alle ultime che ho fatto, priva di una forte storia narrante e che non permette affatto di affezionarsi al protagonista. È un tassello fondamentale della storia della letterature che consiglio a tutti di leggere almeno una volta nella vita.