La scrittrice giapponese contemporanea Mieko Kawakami ha pubblicato per la prima volta nel 2008 il breve racconto "Seni e Uova" (Chichi to Ran). Nel 2019, ha trasformato il racconto in un romanzo, riscrivendolo ed estendendolo con una seconda parte ambientata nel 2016, otto anni dopo la storia originale. Il libro rappresenta un flusso di pensieri molto intimi e delicati di una giovane donna giapponese che affronta temi femminili ancora considerati tabù nella società. Kawakami analizza in maniera semplice la complessità dell’essere donna e della maternità. Le pagine del libro scorrono veloci ma rimangono impresse.
Natsuko Natsume, la protagonista del libro, narra in prima persona i suoi pensieri e le vicende che la coinvolgono. Vive a Tokyo, dove si è trasferita da giovane per intraprendere la carriera di scrittrice, ma è originaria di Osaka, dove ancora risiedono la sorella maggiore Makiko e la nipote Midoriko. Le due sorelle sono molto legate tra loro ma differenti: Natsume è introversa e riflessiva, Makiko è invece estremamente disinvolta e socievole. Abbandonate da un padre violento e negligente, hanno vissuto nell'area povera di Osaka con la madre e la nonna Komi. La madre e la nonna Komi muoiono molto presto a causa di una malattia, e così Natsume cresce da sola, circondata dalla compagnia dei libri, mentre la sorella lavora come cameriera in un bar.
Nella prima parte del libro, Makiko e Midoriko visitano Natsume a Tokyo, ma il motivo del loro viaggio rimane inizialmente celato. Tuttavia, presto si scopre la verità: Makiko vuole sottoporsi ad un intervento di chirurgia estetica al seno. È ossessionata dalla sua forma e colore, e lamenta il fatto che la nascita di Midoriko ne abbia imbruttito l’aspetto. Natsume rimane sorpresa e sconvolta nel comprendere la vera ragione della visita, ma soprattutto, nel vedere quanto la sorella maggiore sia dimagrita e appaia stanca e vecchia. Per via del suo carattere introverso, Natsume rimugina parecchio su cosa dire alla sorella, nella paura di ferire i suoi sentimenti ma, allo stesso tempo, nel timore che l’ossessione di rifarsi il seno stia celando qualcosa di più grosso.
"Poi ho pensato di nuovo ai capezzoli di mia sorella e alle immagini intense e potenti che mi erano affiorate alla mente poco prima. Se avessi dovuto fare ricorso a un solo aggettivo per definirli, quale avrei scelto? “Forti”, molto probabilmente. “Maki-chan, sta’ tranquilla, i tuoi capezzoli sono forti…”. Se le avessi detto una frase del genere sarebbe stata contenta? Ne avrebbe tratto un minimo sollievo? Credo proprio di no. Perché dei capezzoli non potevano essere forti e neri? Perché non andava bene? […] Chi aveva deciso che nel mondo dei capezzoli quelli neri, forti e giganteschi non potessero ottenere prima o poi la supremazia?"
Natsume non è l’unica a non comprendere l’ossessione di Makiko. La figlia Midoriko non rivolge la parola alla madre da mesi, e non si apre nemmeno con la zia. Il motivo di questo prolungato silenzio pare essere dovuto ad un evento accaduto in precedenza. Midoriko, stanca di sentire che la madre fosse insoddisfatta del suo seno imbruttito dal parto, ha malamente rinfacciato alla madre il fatto di averla messa al mondo senza che lei glielo abbia chiesto e che lei personalmente preferiva che non fosse successo. Non trovando le parole giuste per scusarsi, Midoriko si è ritirata nel silenzio. Scrive i suoi pensieri in un diario, di cui leggiamo alcuni passaggi. Non capisce perché la madre voglia rifarsi il seno, soprattutto perché lei, nel pieno della pubertà, è disgustata dal suo corpo in rapido cambiamento. La tensione tra madre e figlia raggiunge l'apice a Tokyo, quando Makiko torna ubriaca da una visita in una costosa clinica privata di chirurgia estetica. Madre e figlia hanno uno scontro diretto in una situazione comica carica di tensione. Entrambe sono in piedi nella cucina di Natsume e si spiaccicano quindici uova in testa. Il liquido delle uova e i gusci frantumati cadono dai capelli, riversandosi sul pavimento, portando con sé la frustrazione reciproca accumulata nei mesi di mancato dialogo e di parole taglienti scambiate l'una contro l'altra.
La seconda parte del libro si focalizza su Natsume che, nel frattempo, è diventata una scrittrice di discreto successo grazie al suo primo libro. Sta lavorando su un secondo progetto ma è bloccata, perché è distratta dal crescente desiderio di diventare madre. È single da molti anni e non prova alcun desiderio sessuale. Si sente bene da sola ma, purtroppo, si rende conto che in Giappone la possibilità di diventare madre con metodi alternativi è estremamente limitata per donne nella sua situazione. La procreazione assistita è infatti riservata solo alle coppie dichiarate. Passa le sue giornate a cercare informazioni su modi alternativi, frequenta blog e seminari sull’argomento, ma molto spesso si ritrova punto e da capo. Si domanda: “Un giorno darò anch’io alla luce un bambino? Prima o poi toccherà anche a me? Potrò essere madre anche se non desidero un uomo al mio fianco e non voglio fare l’amore?”
Durante un incontro di un seminario, Natsume conosce Jun Aizawa, un volontario di un’associazione che si occupa della sensibilizzazione sul tema della procreazione assistita. Aizawa è il figlio di un donatore anonimo e ha scoperto solo dopo la morte del padre che non era il suo figlio biologico. Parla del trauma che ha subito con questa scoperta, di come in Giappone nessuno voglia parlare apertamente della gestione della procreazione assistita e di come stia cercando da anni di trovare il suo vero padre per potersi conoscere e capire meglio. Natsume e Aizawa hanno molto da condividere e finiscono per innamorarsi platonicamente, nonostante Natsume non provi attrazione sessuale e Aizawa sia già fidanzato. Le ultime pagine del libro sono una spirale di emozioni stravolgente e estremamente forte. Natsume sta partorendo il figlio che ha desiderato e aspettato per anni, avuto tramite procreazione assistita con Aizawa e che poi crescerà da sola. Sono pagine in cui emerge la pura gioia di una donna sul procinto di diventare madre.