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Confessioni di una maschera - Yukio Mishima

“La vita è un palcoscenico, dicono tutti. Ma non sembra che la maggioranza sia ossessionata da quest’idea, o perlomeno non sembra che lo sia in una fase precoce come successe a me. Addirittura alla fine dell’infanzia ero fermamente convito che quella massima corrispondesse alla verità, e che io avrei dovuto recitare la mia parte sul palcoscenico senza mai tradire, neppure una volta, il mio autentico io.”

Il neonato Kochan ha una costituzione così gracile e malaticcia che già pochi mesi dopo essere nato, una complicazione derivata da una comune malattia mette a dura prova la sua vita. Mentre giace nella culla lottando con la morte, i genitori lo considerano già come morto. Sopravvive inaspettatamente e, per via del grande spavento, la nonna si attacca morbosamente a lui. Si rende possessivamente responsabile della crescita del piccolo Kochan e lo preclude ai genitori nella speranza di proteggerlo da ogni possibile pericolo. Per questo motivo, e a differenza dei fratelli minori, Kochan cresce lontano dai suoi coetanei e isolato nelle quattro mura domestiche. Negli anni, proprio come ogni bambino cerca il proprio spazio nel mondo, scopre lentamente le cose che stuzzicano il suo interesse. All’età di quattro anni, si infatua della figura di un eroico cavaliere occidentale in un libro illustrato, e prova immenso piacere nel contemplarla per ore, molto spesso nascondendosi dalla badante per non volersi mostrare in adorazione. La badante un giorno, mentre leggono assieme il libro, rivela casualmente che la figura del cavaliere è in realtà una donna, in particolare, si tratta di Giovanna d’Arco. Kochan rimane estremamente deluso dalla rivelazione e dal fatto che il travestimento lo avesse ingannato, e giura a se stesso di non voler mai più sfogliare quel libro. In un altro episodio durante la sua fanciullezza, ricorda di essere rimasto a contemplare dalla finestra della sua camera i corpi sudati di uomini che manifestavano per strada nel calore estivo. Entrato in pubertà, scopre in età molto precoce la masturbazione attraverso un libro di storia dell’arte portagli in dono dal padre rientrato da un viaggio in Europa. In particolare, è attratto dal quadro di Giudo Reni raffigurante San Sebastiano trafitto da frecce nel costato. È colpito dal suo corpo e dalla visione del sangue che esce dal costato trafitto. Kochan è in parte confuso dalle sue attrazione e in parte vergognoso per quelle che definisce le sue perversioni. Si domanda se sia normale essere affascinato da figure di morte e violenza, e dal corpo di guerrieri rappresentati nei vari libri. Inizia a voler cercare il confronto con i suoi coetanei. A scuola diventa lentamente consapevole del fatto di avere reazioni fisiche e pensieri diversi dai coetanei, che altro non fanno che parlare di donne. Kochan, mentre ascolta distrattamente i discorsi dei suoi compagni sul sesso femminile, osserva rapito di sottecchi il corpo maturo di un compagno più grande di un paio di anni. Attribuisce la diversità che nota comparandosi con i compagni alla loro differenza fisica: Kochan continua infatti ad avere un corpo molto gracile e privo di muscolatura, e si convince che il suo interesse verso il corpo muscoloso del compagno è forse semplice invidia o curiosità. Più va avanti e più inizia a provare l’esigenza di fingere per adeguarsi a quella che lui definisce normalità. Crea una figura lontana dal suo vero essere per giustificare la più totale indifferenza verso il sesso femminile, cosa di cui i coetanei non fanno altro che parlare. Tutto per lui diventa una recita, un esperimento per vedere come se la cava a imbrogliare i suoi interlocutori cercando di mascherare al meglio i suoi veri interessi. Questa recita raggiunge l’apice quando, durante la fine della seconda guerra mondiale, Kochan riesce a fuggire al militare per via della sua fisicità gracile e malaticcia, rimanendo tra i pochi indenni a studiare diritto. In quel periodo, decide attivamente di corteggiare la dolce Sonoko, sorella di un suo compagni di studi. Spera di riuscire a provare attrazione sessuale per lei per potersi finalmente sentire normale come tutti gli altri, ma altro non sente che amore fraterno. E così trascorre la sua vita, in maniera latente. Nasconde la sua omosessualità a tutti, persino a sé stesso, sentendosi costantemente incapace di trovare il proprio posto nella società.

Questo romanzo, pubblicato nel 1949, è stato il trampolino di lancio della fama di Yukio Mishima. Il titolo, Confessioni di una Maschera, allude a come Kochan, confuso circa la sua identità sessuale e persona, senta la necessità di indossare una maschera per omologarsi alla maggioranza dei suoi coetanei. Intimamente, Kochan pensa che tutti facciano lo stesso, cioè che tutti recitino la loro parte mascherata quando si mostrano al pubblico, e che soltanto dietro al sipario tirato possano veramente essere se stessi. Il racconto in prima persona assume talvolta le sembianze di una confessione. Questo romanzo è considerato una semi-autobiografia di Yukio Mishima che, come Kochan, è stato cresciuto dalla nonna e dal suo amore morboso dovuto principalmente alla gracile fisicità.